15 agosto 2008

Papalagi



Per papalagi si intende l'uomo bianco, nella lingua samoana. Tale vocabolo ha assunto particolare rilievo a inizio '900, per uno scritto pubblicato in Europa, tratto da discorsi tenuti al proprio popolo da un saggio capo indigeno, tale Tuiavii di Tiavea, al suo ritorno da un viaggio nel vecchio continente.
Secondo alcune interpretazioni questo testo è in realtà un falso storico ad opera del presunto traduttore Erich Scheurmann[citazione necessaria], e viene usato spesso nei corsi accademici di Antropologia culturale per spiegare il fenomeno dello "spaesamento".

Secondo la versione di Scheurmann, che ha introdotto in Europa il testo, Tuiavii, venendo a contatto con gli usi e costumi del papalagi, se ne allontanò subito sbigottito, se non raccapricciato, e una volta in patria, tentò di mettere in guardia il suo popolo dal fascino perverso dell'occidente. Nel testo è specificato che non era mai stata intenzione di Tuiavii pubblicare questi discorsi, né fu a conoscenza del libello uscito a sua gloria e a danno del bianco papalagi.

....D'altra parte nelle terre dei bianchi non ti è neppure possibile restare dal levarsi al cadere del sole senza denaro, del tutto senza denaro. Non riusciresti a placare la tua fame e la tua sete, non troveresti una stuoia per la notte. Ti chiuderebbero in una prigione e metterebbero il tuo nome sui giornali perché sei senza denaro. Devi pagare, cioè dare denaro, per il terreno su cui cammini, per la terra su cui sorge la tua capanna, per la stuoia su cui dormi la notte, per la luce che illumina la tua capanna. Pagare per poter tirare a un piccione, per poter bagnare il tuo corpo nel fiume. Se vuoi andare là dove la gente si diverte, dove si canta o si balla, oppure vuoi chiedere consiglio a un fratello, per ogni cosa devi dare molto metallo rotondo e carta pesante. Devi pagare per ogni cosa. Ovunque, trovi un tuo fratello che allunga la mano e ti disprezza oppure si infuria se non ci deponi del denaro. E il tuo umile sorriso e lo sguardo più affettuoso non ti sono d'aiuto per addolcire il suo cuore. Lui spalancherà le fauci e ti griderà dietro «Miserabile! Vagabondo! Perdigiorno!» Tutte queste parole hanno lo stesso significato e rappresentano la più grande vergogna che possa ricadere su una persona. Sicuro, persino per la tua nascita devi pagare, e quando muori la tua famiglia deve pagare per te, perché sei morto e perché il tuo corpo possa trovare posto sottoterra, come pure per la grande pietra che faranno rotolare sulla tua tomba a eterno ricordo...

...Il Papalagi ama il metallo rotondo e la carta pesante, ama mettersi nella pancia molto liquido tratto da frutti uccisi e molta carne di maiale e bue e di altri terribili animali, ma sopra ogni cosa ama ciò che non si può afferrare e che pure è sempre presente: il tempo. E di questo fa grande scalpore e sciocche chiacchiere. Sebbene non ce ne sia mai più di quanto ne può stare fra il levarsi e il cadere del sole, lui non ne ha mai abbastanza...

...Io dico che deve essere una strana sorta di malattia; perché anche supponendo che l'uomo bianco abbia voglia di fare una cosa, che il suo cuore lo desideri veramente, per esempio che voglia andare al sole o sul fiume con una canoa o voglia amare la sua fanciulla, così si rovina ogni gioia, tormentandosi con il pensiero: «Non ho tempo di essere contento». Il tempo è lì ma, con tutta la buona volontà, lui non lo vede. Nomina mille cose che gli portano via il tempo, se ne sta immusonito e lamentoso al suo lavoro che non ha alcuna voglia di fare, che non gli dà gioia e al quale nessuno lo costringe se non se stesso. Ma se poi all'improvviso si avvede di avere tempo, che il tempo è lì, oppure qualcuno gli dà dell'altro tempo (i Papalagi si danno sempre il tempo a vicenda, sicuro, niente è più altamente considerato di questo), allora gli manca di nuovo la voglia oppure è stanco del suo lavoro e senza gioia. E regolarmente vuole fare l'indomani ciò per cui oggi non ha più tempo...

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